Il termine indifferenza (dal latino indifferentia) può significare:
- tranquillità d’animo espressa nella mancanza di desiderio, o rifiuto totale, di fronte ad un oggetto;
- comportamento tale che, all’atto di prendere una decisione tra due alternative, non si sceglie né l’una né l’altra perché vengono considerate ininfluenti e incapaci di produrre cambiamenti rispetto alla condizione esistente.
Nel campo delle problematiche affettive, il termine assume, per assurdo, la più complessa e strutturata di tutte le connotazioni.
Secondo Gunther Anders, uno dei padri dell’antropologia filosofica, i sentimenti cambiano nel tempo.
“Sarebbe ingenuo credere che l’uomo rimanga emozionalmente costante. Le emozioni dipendono dalle situazioni storiche esistenti […].”
Di quali sentimenti parliamo? Ovviamente, amore e odio.
Amore (positivo) e odio (negativo) si tengono tra loro per opposizione. Subentra, non si sa bene come, non si sa bene quando, l’indifferenza che, nella classifica, è l’elemento neutro.
Il pericolo più grande per l’uomo è, secondo Anders, proprio l’instaurarsi dell’indifferenza, per cui tutte le emozioni si indeboliscono.
L’odio, che di tanto in tanto prediligo all’amore, ha, quindi, due opposti, per quanto sfidi le leggi della logica: il primo opposto è l’indifferenza, rispetto cui l’odio è un qualcosa di positivo per il fatto che mostra ancora la vitalità dell’uomo, il perfetto funzionamento del suo apparato emozionale; il secondo opposto è l’amore, rispetto cui l’odio è l’elemento negativo. E tuttavia se l’odio sparisce e il suo posto è occupato dall’indifferenza, sparisce anche l’amore, o quanto meno si indebolisce.
Detto in parole povere: meglio stare sul cazzo a qualcuno che essergli indifferente; meglio amare qualcuno, che odiarlo.
Ora…
Io ho una mia filosofia dell’indifferenza.
L’indifferenza, in realtà, è arte. Essa fa, di colui che la coltiva, un ingenuo artista del cinismo e della freddezza di spirito.
Una persona che ci è indifferente la trattiamo così: le parliamo, poi non ci serve; la salutiamo e le diamo consigli, ma per noi resta comunque una tra tante.
Essere indifferenti nei confronti di qualcosa, o qualcuno, può risultare davvero utile: ci può dare una mano a soffrire di meno. L’indifferenza è l’apatico sotterramento di ogni sentimento umano che può durare una serata in un vicolo di San Lorenzo, un mese in vacanza, un anno intero.
L’indifferenza è il lento incedere della morte del sentimento. Si, perchè un sentimento va coltivato sempre e comunque. Nessun sentimento vive senza sincera espressione dello stesso.
Si usa l’indifferenza per dimenticare, per litigare, per non voler vedere, per evitare una persona che non ci piace o ci infastidisce; o che ci piace ma ci spaventa.
Quante volte abbiamo usato l’indifferenza per evitare qualcuno? Quante volte per stanchezza? Quante volte per pigrizia?
L’indifferenza la usiamo anche, o forse soprattutto, per ridefinire il nostro passato.
Ma parliamoci chiaramente…essere indifferenti di fronte a qualcosa che è stata parte di noi, nel bene o nel male, è da gran vigliacchi.
Essere indifferenti è l’arma della volontà ferrea di voler dimenticare; ed è da vigliacchi voler dimenticare qualcosa che ha fatto male, o che si vuole rifiutare di capire. Dimenticare, usando l’indifferenza, è la più grande presa per il culo che una persona possa fare a se stessa.